Esperienza sulle carceri - 2.a scientifico 13-14

Uno sguardo sulle carceri italiane

II Scientifico A-B

L'idea di un approfondimento sulle carceri italiane ed europee nasce da una visita all'Istituto penitenziario di Padova, avvenuta il 25 novembre 2013, cui ha partecipato la classe II Scientifico A-B, insieme con le classi seconde degli indirizzi Tecnologico ed Economico dell'Istituto Comprensivo di Primiero. Si tratta di una esperienza molto significativa, in cui i giovani allievi hanno avuto l'opportunità di ascoltare la testimonianza di alcuni detenuti ai quali, in un secondo momento dell'incontro, essi hanno potuto formulare domande per soddisfare i loro dubbi e le loro curiosità rispetto ad una realtà a loro poco nota, se non tramite le informazioni trasmesse e recepite dai quotidiani e dalle emittenti televisive. Alla fine di questo incontro il quesito che immediatamente come docente mi sono posta è stato il seguente: "Che cosa è rimasto e che cosa rimarrà ai nostri studenti di questa esperienza"?

In effetti, l'argomento è stato successivamente affrontato in classe, cercando di stimolare gli alunni ad una riflessione sui racconti dei detenuti, sulle impressioni suscitate dalle parole di quelle persone che appaiono talvolta quasi dei personaggi finti e costruiti, relegati in un mondo "altro", diverso e lontano dalla normale quotidianità. Questa tematica ha poi visto un ulteriore approfondimento con la lettura di un libro pubblicato nel mese di febbraio "Storie di vita e di carcere" di Liliana Cerqueni, docente presso il Centro di Formazione Professionale ENAIP di Transacqua: si tratta di dodici brevi storie di persone di una casa-famiglia, conosciute dall'autrice durante una esperienza di volontariato, di uomini e donne di ogni dove, passati attraverso violenze e condanne, durezza, sofferenza e bisogno di riscatto. Gli ultimi degli ultimi, coloro che a volte non sono nemmeno più riconosciuti nella scala sociale di qualsiasi società e cultura, soprattutto la nostra, gli outsiders.

Anche in questo caso i ragazzi hanno avuto modo di ascoltare nuovi racconti di detenuti, la cui testimonianza non è stata diretta, bensì filtrata dalla scrittura. I racconti, questa volta, sono cambiati nella forma ma non nella sostanza, perché i soggetti sono sempre persone che hanno alle spalle un mondo comune: il carcere. In tal modo ogni singolo studente ha cercato di comprendere quelli che sono i processi e le dinamiche che si innescano talvolta negli uomini conducendoli verso situazioni che appaiono senza via d'uscita, verso condanne e pene che vanno al di là dei reati commessi, diventando condanne di vite.

Il percorso didattico seguito con la classe II Scientifico, dunque, ha avuto come fine principale una sensibilizzazione ad un fenomeno oramai tanto discusso, ad una questione scottante, come l'ha definita il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel discorso tenuto in Parlamento l'8 ottobre 2013, di fronte alla quale non si può rimanere indifferenti. I ragazzi così sono stati guidati ad un approfondimento mediante piccole ricerche e raccolte di dati relative alle carceri italiane e a quelle di alcuni Stati europei, e muovendo dal confronto tra le diverse politiche europee in vigore rispetto al trattamento dei detenuti e alle condanne loro attribuite, si è tentato di osservare criticamente quella che è l'attuale situazione del nostro Paese, toccando le delicate questioni del sovraffollamento e delle condizioni disagevoli che assillano i detenuti in Italia. Ovviamente, non si tratta di trovare delle soluzioni definitive, quanto di maturare una consapevolezza di fronte ad una problematica sociale che i nostri studenti di oggi, che saranno i cittadini di domani, devono sentire sempre più vicina, perché espressione di una convivenza più umana e civile. Le giovani generazioni devono capire che esiste ed è legittima secondo la normativa vigente una forma di privazione della libertà personale all'interno delle strutture carcerarie legata alla pena comminata, ma è anche vero che esiste un organo superiore, lo Stato, che ha l'obbligo di assicurare il rispetto della dignità umana, facendo sì che quel livello di sofferenza inevitabile nella detenzione non ecceda.

Proprio i recenti fatti legati al caso Torreggiani hanno dimostrato che l'Italia, invece, ha violato l'articolo 3 della Convenzione europea: è venuta meno a quell'obbligo di tutela dell'integrità fisica nei confronti dei detenuti, rendendo così evidente un malfunzionamento cronico dell'intero sistema penitenziario italiano. A seguito della sentenza pilota (Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia) depositata l'8 gennaio 2013, la Corte europea ha lasciato al nostro Paese un margine di tempo pari ad un anno, a partire dalla data in cui la sentenza è divenuta definitiva, ossia dal giorno 28 maggio 2013, per individuare misure alternative in grado di risolvere le problematiche della realtà carceraria italiana. Come ha ancora sottolineato il Presidente Napolitano, la decisione della Corte di Strasburgo rappresenta una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena e nello stesso tempo una sollecitazione pressante da parte della Corte a imboccare una strada efficace per il superamento di tale ingiustificabile stato di cose. E inoltre, le violazioni contestate all'Italia si configurano come inammissibile allontanamento dai principi e dall'ordinamento su cui si fonda quell'integrazione europea cui il nostro Paese ha legato i suoi destini. Infine, la stringente necessità di cambiare profondamente la condizione delle carceri in Italia costituisce non solo un imperativo giuridico e politico, bensì in pari tempo un imperativo morale. Le istituzioni e la nostra opinione pubblica non possono e non devono scivolare nell'insensibilità e nell'indifferenza, convivendo - senza impegnarsi e riuscire a modificarla - con una realtà di degrado civile e di sofferenza umana come quella che subiscono decine di migliaia di uomini e donne reclusi negli istituti penitenziari.

Il caso rimane ancora aperto e si profila lungo e complesso; sebbene l'Italia, alla scadenza dell'ultimatum lanciato da Strasburgo, sia stata "promossa", in quanto le viene riconosciuto l'impegno dimostrato nel ricorso a rimedi preventivi e nel raggiungimento di significativi risultati, nei limiti di tempo imposti, attraverso le prime misure strutturali, un esame approfondito degli attesi progressi viene rimandato al giugno 2015. In questo lasso di tempo, si auspica che l'adozione di un nuovo decreto legge possa sortire quegli effetti compatibili con le politiche europee e soprattutto con i principi umani e morali che sono alla base del corretto vivere civile.

Alla luce di tutto ciò, pertanto, un confronto di dati all'interno di un contesto ampio come quello europeo potrebbe essere uno dei modi per scuotere e smuovere le coscienze dei ragazzi, italiani ed europei nello stesso tempo, rivolgendo la loro attenzione verso una buona parte della nostra società che richiede e merita ascolto: è opportuno sapere che un sistema detentivo, attraverso anche la "giusta" privazione della libertà personale, può produrre vittime. E vittima non è solo chi vive recluso in una cella, ma anche chi gli sta intorno: i genitori, i figli. Non contribuire alla difesa dei loro diritti vuol dire favorire il processo di deumanizzazione, mortificazione e annullamento di questi uomini, anch'essi dotati di sentimenti, di affetti, di una dignità pari a quella di chi conduce una vita "normale". Attraverso questa attività svolta con una classe liceale, ci si rende conto che certamente la scuola è e deve essere il luogo in cui cominciare a far maturare queste forme di sensibilizzazione, quindi essa deve disporre di tutti quegli strumenti per raggiungere tale obiettivo: la lettura di articoli, la visione di filmati e il suggerimento anche di romanzi ambientati nelle carceri, potrebbero essere, a mio avviso, utili per fini didattici e morali.

Il power point costruito dalla classe II Scientifico A-B consta di quattro parti, dedicate rispettivamente al sistema carcerario italiano, a quello dell'Europa occidentale, a quello dell'Europa orientale e alla pena di morte. L'idea di trattare l'Italia isolandola dai restanti Paesi europei risponde ovviamente ad una scelta ben precisa, in quanto realtà a noi più vicina; per le due aree europee, sono stati selezionati alcuni Paesi più rappresentativi, come la Grecia, la Francia e la Norvegia per l'Europa occidentale, la Polonia e la Russia per l'Europa orientale. La quarta parte, invece, con la trattazione della forma estrema di condanna vigente ancora in altri Stati, ovvero la pena di morte, è dedicata (soprattutto per ragioni didattiche) agli USA. Per la parte relativa alla forma detentiva, inoltre, l'attenzione è stata focalizzata essenzialmente sui dati, anche numerici, delle carceri, sulla condizione dei detenuti, sulla percezione (in qualche caso) di questa realtà da parte degli stessi e, infine, sulle possibili misure risolutive adottate nei diversi Paesi europei. La sezione relativa alla pena di morte, invece, contiene dati e informazioni di carattere generale sulle modalità e sugli sviluppi che nel tempo ha subito questa forma di condanna. L'articolazione dell'intero lavoro in queste quattro parti mira quindi a rendere un'ampia e chiara idea di come viene gestita e affrontata una medesima realtà in differenti Paesi europei e la trattazione finale della pena di morte non vuole essere una semplice appendice, soprattutto in termini oppositivi, alla questione delineata precedentemente, ma deve essere vista come ulteriore misura alternativa punitiva che, seppur lontano dalla dimensione politica italiana ed europea, non è meno degna di nota. Lo scopo è anche quello di far comprendere, a chi si accosti da poco a queste tematiche, che è giusto prestare una piccola riflessione, di porsi domande e interrogarsi su alcuni indiscutibili principi, anche se poi non abbiamo risposte immediate.

Il filo conduttore del presente lavoro, dunque, è quello di trasmettere un messaggio educativo perché all'interno della scuola i giovani siano sempre più attenti di fronte al fatto che nella nostra società vivono persone che hanno commesso dei reati, hanno sbagliato e sono temporaneamente emarginati, ma hanno anche il diritto alla vita, mediante un reinserimento nella medesima società, nell'ottica di un processo formativo e rieducativo. Pertanto, i ragazzi devono acquisire coscienza che non esistono categorie sociali escluse, ma uomini e donne con storie differenti, talvolta difficili, però non per questo meno degne di rispetto. È importante, allora, continuare a credere nella trasmissione di valori di vita, quale il rispetto di chi ha vissuto o vive situazioni diverse dalle nostre, perché anche questa è civiltà, anche questa è legalità.

La docente

Cristina Galofaro