La 3^ Liceo per il Turismo incontra l'Afghanistan
Home › Area studenti › Articoli alunni Istituto Superiore › La 3^ Liceo per il Turismo incontra l'AfghanistanSabato 20 novembre 2009 si è tenuto, nel nostro istituto, un incontro con Elisa Di Benedetto, una giornalista bellunese che ha avuto la possibilità di visitare l'Afghanistan al seguito dei soldati italiani. Le nostre truppe, infatti, si trovano in quel Paese, insieme a quelle di molti altri Stati, in una missione denominata Isaf.
Talebani, musulmani, americani, diritti, intolleranza, burqa, oppio, divieto
alla musica: parole ritornate più volte all'interno dell'intervento.
Ma cosa è successo in Afghanistan e, soprattutto, cosa sta succedendo in
questi mesi?
Nel 1996, dopo anni di lotte tra diverse fazioni etniche, è salito al potere
il regime dei Talebani, i quali, interpretando il Corano in modo estremamente
rigido, hanno applicato leggi particolarmente severe: le donne non potevano
lavorare, avevano il permesso di uscire solamente se indossavano il burqa,
gli uomini erano obbligati a farsi crescere la barba, si dovevano evitare
vestiti in stile occidentale, era prevista la pena di morte per molti reati
anche non particolarmente gravi. Queste e molte altre sono state le idee di
questo gruppo religioso, imposte sotto forma di leggi alla popolazione.
Credo personalmente che, nell'ottica occidentale, questi siano obblighi e
divieti inconcepibili.
Successivamente all'attacco alle Twin Towers a New York nell'11 settembre 2001, l'America ha deciso di invadere l'Afghanistan, che si è rifiutato di collaborare alla cattura di Bin Laden, il terrorista ritenuto responsabile dell'attacco, e l'effetto è stato l'abbattimento del regime in poche settimane, ma anche l'inizio di una terribile guerra per la conquista di tutto il Paese, in larga parte ancora in mano ai Talebani.
La nascita di un nuovo governo a Kabul ha indotto la popolazione a sperare in
una maggiore libertà e a maggiori diritti per le donne. Una vita nuova
insomma. Ma non è stato così.
"Malgrado la retorica" - sostiene Miriam Rawi - redattrice di una rivista che
si pubblica in Afghanistan "il governo Karzai (oggi Presidente
dell'Afghanistan) persegue attivamente politiche che sono contro le donne e
esse hanno enormi difficoltà a trovare lavoro; a scuola non hanno né libri
per studiare né sedie su cui sedere. Non esistono leggi che proteggano le
donne".
Si può quindi dedurre che non è cambiato niente. Il fondamentalismo
religioso, con la sua intransigenza e intolleranza verso le altre culture, è
la causa maggiore della povertà delle donne afghane. Ma è giusto che la
religione venga strumentalizzata a tal punto da rendere schiavo l'uomo?
A mio parere la cultura e le ideologie di un paese sono fondamentali, purché
queste non calpestino i diritti di ogni donna e di ogni uomo, creature
libere.
Questo conflitto, inoltre, ha coinvolto militari provenienti da molti Stati
che sono stati inviati dai loro governi, in missione di pace. Uno tra questi
è l'Italia, che si trova in Afghanistan ormai dal 2002.
Nel nostro Paese ci sono diverse opinioni sul fatto che l'Italia debba essere
presente. C'è chi, ad esempio, ritiene che gli Afghani tollerassero il regime
di oppressione e mancanza di libertà instaurato dai Talebani, e tollerino
tuttora la loro presenza in molte zone del Paese, perché la loro mentalità fa
parte della cultura afghana, e quindi considerino la nostra presenza
un'invasione vera a propria.
Ma, secondo me, ribellarsi ad un regime politico e religioso come quello
talebano non è così semplice, noi conosciamo il diritto di sciopero, abbiamo
la libertà di espressione, abbiamo la possibilità di esprimere critiche senza
subire violenze, ma altrove non è così.
Penso che la presenza dei soldati stranieri possa dare un po' di sicurezza e
stabilità a un paese che sta cercando di cambiare. Sicuramente non bisogna
imporre la propria ideologia e la propria cultura, però credo che gli aiuti
possano essere utili ai civili afghani per compiere, anche se lentamente, dei
passi verso una vita con più giustizia e libertà di scelta.
Martina Gubert